Ricerca Dottor Bravi con il gruppo IFOM - SULINDAC e Commento

01.07.2015 21:14

Commento Dottor Bravi

 

Le patologie umane, per quanto oscure e terrificanti, non necessariamente rappresentano barriere insormontabili. Uno dei modi per sconfiggerle e’ la conoscenza scientifica.

 

Appunto perseguendo la via della conoscenza come premessa allo sviluppo della terapia, noi, ricercatori presso l’IFOM di Milano guidati dalla professoressa Dejana, ci siamo impegnati da anni nel cercare di comprendere i meccanismi della patologia nota come malformazioni cavernose cerebrali o CCM. Conoscere a fondo i meccanismi difettosi nella patologia, puo’ permettere di individuare dei bersagli precisi sui quali agire con farmaci per arrestare e, auspicabilmente, far regredire la malattia.

 

Un articolo pubblicato nel mese di giugno su una storica rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences (storica, perche’ compie 100 anni nel 2015), "Sulindac metabolites reduce cerebrovascular malformations in CCM3-knockout mice", Bravi et al. PNAS 2015, presenta i risultati piu’ recenti che abbiamo ottenuto. Brevemente, questo e’ il percorso che abbiamo seguito: siamo partiti dalla osservazione, analizzata nel corso del nostro precedente lavoro, che le cellule endoteliali delle malformazioni cavernose sono fortemente alterate rispetto alle cellule endoteliali dei vasi normali e che tale anomalia e’ alla base della sintomatologia presentata dai pazienti affetti da CCM. In un modello sperimentale della patologia CCM abbiamo percio’ studiato vari segnali che regolano le cellule endoteliali ed abbiamo osservato che tali segnali non solo sono attivati in modo anomalo nelle cellule endoteliali delle malformazioni cavernose cerebrali, ma che tale attivazione procede in sequenza. Abbiamo quindi deciso di studiare piu’ a fondo il sistema di segnalazione che appare attivarsi piu’ precocemente in modo anomalo. Abbiamo ipotizzato che tale iniziale alterazione potesse essere responsabile della sequenza di eventi molecolari che rendono difettose le cellule endoteliali delle malformazioni vascolari.

Successivamente, focalizzandoci sulla segnalazione piu’ precoce abbiamo osservato che due farmaci, sulindac sulfide e sulindac sulfone, appartenenti alla categoria dei farmaci anti-infiammatori non-steroidei, sono in grado di inibire tale segnale nelle cellule endoteliali portatrici di mutazioni nei geni CCM e di regolarizzarle. Inoltre, abbiamo verificato che la somministrazione di tali farmaci a topi affetti da CCM e’ in grado di ridurre in maniera significativa il numero e le dimensioni delle lesioni vascolari. Tali composti, dunque, rappresentano dei potenziali interventi farmacologici per inibire la formazione di malformazioni vascolari, in particolare in pazienti affetti dalla variante genetica di CCM, i quali sviluppano lesioni vascolari durante l’intera vita. Da notare che tali farmaci, ed in particolare il sulindac sulfone, sono gia’ stati utilizzati nell’uomo, con scarsi effetti collaterali,  e sono completamente privi di attivita’ pro-emorragica che deve essere assolutamente evitata in pazienti con rischi emorragici quali i CCM.

Nonostante i risultati ottenuti nei modelli sperimentali siano molto incoraggianti, l’eventuale utilizzo del sulindac sulfone in terapia richiede studi clinici controllati nei pazienti. Tali studi, indispensabili per garantire la sicurezza e l’efficacia del trattamento proposto, comportano tempi lunghi e costi rilevanti. Il nostro gruppo ha iniziato le procedure necessarie ad ottenere autorizzazioni e risorse economiche per procedere a tale sperimentazione.

 

I risultati che abbiamo ottenuto e descritto nella pubblicazione sono frutto dell’impegno costante di molte persone, in particolare: Luca Bravi, (giovane dottore di ricerca o post doc, come si dice in gergo, dottoratosi all’IFOM) cui si deve gran parte dei risultati sperimentali, Noemi Rudini e Roberto Cuttano (rispettivamente postdoc e giovane mamma, e giovane studente di dottorato all’IFOM) che hanno contribuito alle attivita’ in laboratorio, Maria Grazia Lampugnani (ricercatrice senior presso il Mario Negri di Milano e operante all’IFOM da molti anni) che, studiando la letteratura ha avuto l’idea di provare i derivati del sulindac quale possibile terapia per il CCM ed ha supervisionato il progetto, Elisabetta Dejana (responsabile del programma di Angiogenesi presso l’IFOM) che ha creato le condizioni intellettuali e materiali per lo sviluppo del progetto e l’ha sostenuto. Il confronto reciproco e la discussione costante hanno indirizzato e, spesso ridiretto, il nostro lavoro. 

 

Luca Bravi, Maria Grazia Lampugnani ed il gruppo CCM del laboratorio Dejana presso l’Ifom di Milano